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La caccia nelle Valli di Comacchio - 70 giornate in Valle
Per chi non e' nato a Comacchio e non conosce le sue tradizioni venatorie il contatto con la valle puo' essere anche traumatico, perche' cacciare in queste zone e' come frequentare l'universita' della caccia alle anatre.
Di seguito riportiamo uno scritto dell'amico Michele Boschetti che riesce a trasmetterci perfettamente la sua passione e le mille difficolta' che un "forestiero" puo' provare nel cacciare in un ambiente unico in Italia.
Uno scritto che e' un misto tra il racconto, il diario di caccia e un manoscritto con tutte le necessita' di cui un cacciatore puo' aver bisogno andando per la prima volta a caccia nella Valle di Comacchio.
Buona lettura





70 giornate in Valle

la vita

Due sono le donne, oltre mia madre, che fino ad adesso ho avuto sempre al mio fianco sin dalla adolescenza, Diana e la Dea bendata.
Ho sempre pensato che la fortuna sia essenziale per l'esistenza di un essere umano, tanto da indurmi a credere che ne sia il motore stesso , essa ha la facolta' di farti essere nel posto giusto al momento giusto, conoscere le persone per caso e nascere amicizie e collaborazioni importanti, cambiare in positive situazioni negative, anche le passioni essendo vita, ne risentono in modo particolare di questo mio postulato, d'altronde come sono riuscito a trovare Comacchio ne e' una delle conferme eclatanti.
Tutto ebbe inizio' quando lessi per la prima volta "Caccie di valle e di palude" di Giuseppe Mazzotti. Finito gli studi, ero in procinto di partire per il servizio di leva, destinazione Taranto dove avrei fatto il car per l'Aeronautica Militare. Era ottobre e passeggiando per Pisa con l'amico di caccia e di vita Piero, mi fermai a salutare un mio compagno di studi padrone di una nota armeria pisana. Sullo scaffale vidi un libro che in copertina c'era un volo di fischioni, a quei tempi cacciavo le anatre gia da anni, incuriosito lo sfogliai brevemente, decisi di acquistarlo pensando di leggerlo per ingannare il tempo nel luogo viaggio in treno verso la cittadina pugliese.

Lo lessi e lo rilessi, il libro spiega come si svolge la caccia alle anatre a secondo dei luoghi nella nostra nazione, compreso quella meraviglia del lago di Massaciuccoli dove ho mosso i primi passi e dove caccio tutt'ora durante la stagione venatoria. Rimasi colpito nel leggerlo dalla passione che trasmetteva l'autore quando parlava di Comacchio, dei voli di magassi sulla laguna, delle tine al largo, capii che era unica come caccia nel suo genere e mi prefissi prima o poi di provarla anch'io, inconsapevole che da li a non molto il sogno sarebbe uscito dal cassetto e con la sua sublime bellezza mi avrebbe completamente rapito.

Fin qui' per far capire da dove era nata l'idea della cacciata comacchiese. Durante il week-end pasquale 2004, senza aver la piu' pallida idea di come fare. Decisi che era arrivato il momento di cercare l'agognato contatto. Approfittando della festa prenotai e il sabato mattina partii alla volta delle vallette di Ostellato, ridente cittadina vicina a Comacchio. Per tre giorni girai e rigirai ma non conclusi niente. Mentre saldavo il conto, prima del rientro in terra toscana, deluso di non aver trovato cio' che era stato lo scopo della visita, ne parlai al gestore dell'albergo ed ecco signori miei che entra in campo la fortuna, lui mi disse che conosceva una simpatica signora che sicuramente mi avrebbe potuto aiutare e me ne dette il recapito telefonico.

La chiamai subito dopo e come di incanto si spalancarono le porte di quello che io mi immagino sia l'Eden. Lei a sua volta, molto gentilmente, mi forni' il numero di Walter Ragazzini, conservo ad oggi gelosamente le foto del nostro incontro, grande mattinata con lui nella "5" in Fossa di Porto, gli telefonai e subito dopo ci incontrammo.
Che persona piacevole Walter, mi disse che cacciava in valle con il piu' grande cacciatore comacchiese di tutti i tempi, il mitico Luigi Bocchi ma che al momento era irreperibile perche' a caccia in Russia, me dette comunque il recapito telefonico, appena torno' lo chiamai. Quando ci si incontro' era con Fabio, compagno personale di caccia di Gigi, un giovanotto piazzato e sveglio oggi posso dire di averlo visto crescere, sia come uomo che come cacciatore, sono anni che caccio esclusivamente con lui, di questo ne sono fiero ed onorato. Tutto ha avuto inizio cosi, solamente per pura fortuna.

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Veduta del gioco in una tina al largo


la caccia

23 ottobre 2004, prima tratta in laguna.
Fabio era gia' un po che remava ed io non capivo, ma quando si arrivava? davanti avevo un mare di piombo, il buio della laguna era micidiale , senza punti di riferimento se non le luci di Ravenna come segnale della terra ferma. Eravamo partiti da S. Alberto dall'argine della Lavadena da dove partivano tutti i cacciatori che andavano alle tine in valle Vacca. La nostra era la mitica Patrignani, pensare che e' una delle piu' a ridosso dell'argine, figuriamoci le altre. Finalmente sulla sua baratura, un'altra cosa desto' il mio stupore, cos'era quella trave nera rettangolare che partiva da una cinquantina di metri dalla tina con un fronte di 60/70 metri e lunga fino a perdita d'occhio? stampe non potevano essere e se fossero state, quante erano? circa un migliaio, avrebbe detto Fabio ad alba fatta.

Prima che venisse giorno avevo sparato a due folaghe convinto fossero a distanza invece erano molto vicine tanto che una dovemmo buttarla perche' sfatta, non ci capivo niente dovendo pure girarci a 360 gradi per vedere arrivare gli uccelli, o vederli giocare, ero completamente imbambolato, quasi stordito. Una cosa comunque la capii, avevo a che fare con un personaggio fuori dal comune, mentre pulivo il binocolo, attrezzo essenziale, te lo vedo imbracciare sulla destra, dopo un secondo due maschi di canapiglia galleggiavano a pancia in su "ho visto che eri impegnato ed ho avuto paura che fiancassero" mi disse guasi per giustificarsi, "hai fatto bene" replicai , hai capito il ragazzino!
Poco prima di smontare sparammo in un branco di 7 codoni, ne buttammo in acqua 5 ne raccogliemmo 3, avevamo ucciso anche 5 alzavole ed un fischione. Che caccia! 13 uccelli, con 5 specie dentro, per essere la prima volta ero entusiasta, al ritorno mi addormentai in barca, sarebbe stata la prima ed ultima volta ma ero stanco morto, neanche mi fossi picchiato con tre persone. Da quel giorno per Comacchio sarei stato Michele "T", avrebbero detto di me negli anni a venire "Quando arriva quel busone del Toscano la valle si incendia".

20 novembre 2016.
Amo la laguna ed essa inesorabilmente mi contraccambia, per il nostro 70° anniversario mi ha fatto accogliere dalla regina delle condizioni metereologiche: la nebbia.
La sera del sabato sono arrivato a Comacchio accompagnato da Alessandro, amico e bravo cacciatore di Massaciuccoli. Era oramai da giorni che la valle concedeva poco o niente per cui il grande Luigi mi ha salutato dicendomi: "menomale Michele che sei arrivato sono giorni che non si vede penna!", e cosi' e' stato, ho contribuito al record personale di abbattimenti di Fabio, al largo, in una tratta nel mese di novembre da sempre. Un'alba pallida ci saluta in tina nella fossa di Porto, sono passati anni ma l'emozione e' sempre lei hai voglia di essere cacciatore navigato, ora pero' me la godo, prima la voglia di carniere mi oscurava la piacevolezza delle emozioni da cui a mia insaputa ero circondato. Un sussulto sulla cantata delle anatre a destra, quattro farfalle sbucano come di incanto dai festoni lattiginosi, troppo a tiro per sperare di farla franca.
In una frazione di secondo ci si guarda, si salta sulla baratura dopo aver scolato la barca le alzavole sono raccolte, si riaffonda e via verso altre scene al cardiopalma.
La sera al ritorno in barca la brezza valliva mi carezza i capelli, dopo anni di avventure passate insieme, oggi a Fabio voglio il bene che si vuole ad un familiare, cacciatore infallibile governa con maestria il natante mentre si parla, si sorride, ci si racconta la cacciata, anche la valle ci e' grata, abbiamo fatto rifiorire la Margherita, una delle sue migliori tine, tutto intorno, la laguna, mi appare come meraviglia pura. "Toscano anche questa volta ci hai portato il sorriso, a presto">, "A molto prima di quanto tu pensi, Gigi, anche Alessandro e' entusiasta, grazie di tutto amico mio, tre settimane e risaro' qui con Paolo di Roma".

70 tratte, 70 giornate vissute tutte con la consapevolezza che ne e' valsa la pena, che hanno dato un senso alla mia vita di cacciatore ma piu' che altro di uomo, pensate che su ognuna di esse potrei scrivere un racconto, verrebbe fuori un poema modello i libri dell'Odissea, percio' mi limitero' a parlare dell'essenziale, come se fosse facile! Comunque proviamo.
Dopo la prima volta ero rimasto talmente impressionato che il week-end successivo mi riprenotai subito e fu proprio quella volta che Comacchio mi inchiodo' definitivamente alla croce. Andammo con Fabio nella Motta d'Orecchio sempre in valle Vacca ma piu' distante di circa un kilometro dalla Patrignani, faceva maltempo e le onde si infrangevano nella baratura schizzandoci a volte. Fu una mattinata di gran passo, i branchi di tutte le specie si susseguivano uno dietro l'altro a pelo dell'acqua, i primi contingenti provammo a richiamarli ma senza successo, per cui decidemmo di tirare agli uccelli del branco che comunque ci sorvolavano al limite del tiro. Cosi fu, passammo tutto il tempo a sparare scolare e riaffondare e non importava se eravamo stanchi e fradici, la fatica neanche ci scalfiva. Che divertimento, arrivammo a chiusura di giornata senza neanche accorgersene, esausti ma contenti matti.

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Il gioco dei vivi sui Dossi di Boscoforte


La caccia a Comacchio si divide in due tipi: La tina al largo e la caccia sui dossi e campacce. Premetto che i dossi sono molto piu' proficui dal punto di vista del carniere e sono luoghi molto piu' sicuri in caso di maltempo , sono siti di caccia bellissimi tipo il Dosso di Mezzo oppure quelli di Caldirolo, ma niente hanno a che vedere secondo il mio personale parere con la caccia al largo. Essa non e' un tipo di caccia alle anatre, la tina in valle e' la caccia alle anatre, punto!, mi dovete credere sulla parola un uccello ucciso in valle per la difficolta' vale almeno quanto tre uccisi sui dossi. Il perche' provero' a spiegarlo di seguito con una serie di pareri personali basati su momenti di caccia vera e di esperienze vissute a mie spese ma che hanno fatto a detta di tutti di me "ottima spalla", massima onorificenza conferita ad un cacciatore che non e' comacchiese.

La caccia alle anatre per antonomasia io ritengo che sia quella fatta in luoghi dove per arrivarci ci vuole una barca e di conseguenza dei remi da saper manovrare con resistente forza e mestiere, in special modo in caso di maltempo importante, la pelle bene o male la devi sempre riportare a destinazione. Ci devono essere richiami vivi ottimi e buoni volantini, io stesso essendo allevatore non ti dico il tempo e le energie e la pazienza che ci vuole per avere una batteria di anatre da richiamo decenti, in special modo i volantini, a volte per sparare agli uccelli ho dovuto aspettare che le anatre lanciate rientrassero per non rischiare di uccidere anch'esse, i volantini in volo davanti, con gli uccelli accodati che li seguono, vi garantisco non e' spettacolo per tutti, anatre cosi' hanno secondo me un valore inestimabile riuscendoti a farti abbattere uccelli altrimenti inammazzabili.

Amico mio, e' vero che per la caccia in laguna devi essere fisicamente fatto a maschio, ma e' altrettanto vero che l' importante e' che tu sia sano ed integro, stare seduto su di uno sgabello tutto rannicchiato in un cassone di 2 metri per 1, a minimo 4 chilometri dall'argine, per circa 12 ore, tempo di durata medio della tratta, non ti permette nessun tipo di nevralgia. Se sei purtroppo sottoposto a mal di schiena, dolori alle articolazioni, stomaco, testa e quant'altro me ne rammarico per te, ma credimi; vai bene per tutte le caccie agli acquatici ma non per quella al largo. Vento, pioggia, freddo, caldo in valle chiappi tutto senza soluzione di sorta, io stesso a volte ho portato amici che si vantavano della loro resistenza alle intemperie per poi, provati i rigori o i bollori della valle, ricredersene miseramente.

Cito come esempio e tal proposito la tratta del 16 gennaio 2005. Ero arrivato in paese accompagnato da Carmine Barbone, personaggio di Buti, storico borgo pisano. Carmine e' cacciatore di cinghiali nei boschi del monte Serra, uomo rude che si vantava di far colazione con trippa e vino, al tempo oltre che amico era anche mio grande cliente, poi per problemi di crisi ha dovuto chiudere purtroppo l'azienda. Avendo fatto un grande fatturato nell'anno 2004 pretese da me come premio, una cacciata a Comacchio. La sera in camera diedi un'occhiata mentre metteva a posto quello che doveva essere l'abbigliamento per il giorno successivo, vestiario che a me parve un po troppo leggerino data la stagione inoltrata e mi permisi di dirglielo. Apriti cielo, lui si risenti' immediatamente elencandomi una sfilza di doti fisiche tipiche dei cacciatori di cinghiali, non ultima la resistenza al gelo notturno, io cercai di spiegargli che laggiu' nel mezzo il freddo ti strina, ma dopo poco desistei quasi mortificato. L'indomani lui era nella Patrignani con Gabriele altro super cacciatore ed io con Fabio nel Forno in fossa di Porto. Avevamo gia' ucciso 5 Alzavole quando a meta' mattinata squilla il telefonino e vedo il nome di Gabriele sul display, risposi immediatamente sperando che Carmine no avesse combinato qualche cazzata dovuta all'inesperienza, ma la voce di Gabri mi tranquillizzo' immediatamente, "Toscano tutto bene, ma al tuo amico dal freddo gli si e' inchiodata la mandibola tra poco non riesce piu' neanche a parlare, trema tutto, devo farmi su altrimenti poverino mi congela nella tina". Anche noi si dovette smontare velocemente per non avere il cadavere di Carmine, morto assiderato, sulla coscienza. La sera quando eravamo vicini al casello di Lucca, dopo un viaggio di ritorno fatto con il riscaldamento modello temperatura deserto del Sahara alle due del pomeriggio, inizio' a riavere un colorito e parlata decenti.

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Le Fosse: la partenza per le tine di Valle Vacca


Io stesso passando tutto l'inverno su imbarcazioni e in botti, tine, capanni tra valli e paduli, luoghi freddi ed umidi, non risparmio certo sull'abbigliamento da caccia, una mattinata bagnato oppure infreddolito e' minimo una cacciata persa se dopo non becchi pure il raffreddore. Possiedo tutti i tipi di maglierie termiche, mute di neoprene, giacche idrorepellenti perfino cappelli di pelliccia che quando li indosso mi sembra di mettere la testa in forno dal caldo che fanno. altra cosa importante, devi essere si coperto, ok, ma non impacciato per due motivi: primo, in uno spazio angusto come la tina devi comunque essere veloce ed agile nel girarti su te stesso e saltare eventualmente sulla baratura ed allo stesso tempo non creare ostacoli a chi ti e' accanto, secondo e' piu' importante devi essere agevole nell'imbracciare lo schioppo e nello sparare, per cui addosso roba buona ma non ingombrante. Ai piedi stivali di neoprene a mezza coscia, ti tengono caldo e non ti bagni il piede. La baratura e' un isolotto di frasche e potatura di piante unita da una rete di maglia dove in mezzo c'e' il cassone, quando ci cammini l'acqua ti arriva minimo alla caviglia percio' non ti sognare nemmeno di venire al largo con scarponi ed affini, meglio patire eventualmente un po' di freddo che stare di inverno con i piedi bagnati.

Il tiro, ecco un'altra peculiarita', caro amico, che deve avere chi frequenta il largo. Se sei cacciatore che non coglie una vacca in un corridoio, la valle te la sconsiglio vivamente, come a tutti quelli ignari della caccia alle anatre decidono comunque di provarla rischiando di bruciarsela definitivamente, sarebbe un po' come, dopo le scuole elementari, pretendere di andare all'universita'. Durante le mie cacciate comacchiesi ho fatto delle scariche storiche come quella descritta da Luigi in uno dei libri di cultura venatoria valliva per me piu' interessanti cioe': "Comacchio una caccia di altri tempi". Gigi descrive in un paragrafo sul germano una scena avvenuta nella tratta del 27 ottobre 2005 quando nello Zoccolo sempre in valle Fossa di Porto su di un branco di 10 germani venuti di navigo, riuscimmo ad abbatterli tutti. Con Fabio ho ucciso centinaia di meravigliose creature, potrei citarne di abbattimenti da venir a noia, ma non trovo motivi di vanto in questo, amo le anatre piu' di me stesso, ma la caccia, per me ragione di vita, da che mondo e' mondo, si concretizza con la morte della preda, essere di cui ho un rispetto inimmaginabile derivante dalla consapevolezza che il sacrificio della sua vita e' per me motivo di divertimento. Comunque bando ai pareri personali, una scena a caso, il 27 novembre 2005 con Fabio sempre nello Zoccolo di pomeriggio su un branco di 9 fischioni di punta ne buttammo in acqua 8, basta cosi'.

Sparare e' una cosa che mi attrae in particolare, scriveva Alberto Noghera nel libro "Il tiro a volo", "Niente e' piu' facile che sparare una fucilata, niente e' piu' difficile che spararla bene", sono pienamente d'accordo. Durante tutto l'anno, anche dopo la chiusura della caccia, bene o male continuo a sparare diverse cartucce tra piattelli vari ed altre diavolerie, arrivo alla riapertura che comunque qualche migliaio di cartucce le ho sparate, tra garette e competizioni tra amici. Altra cosa altrettanto vera e' che, non e' detto che chi spara tanto, spari bene ma e' sicuramente vero che chi spara poco o niente, anche se portato al tiro, e' molto piu' in difficolta' di uno che ha sempre il fucile alla spalla.
Perche' dico questo, nella valle bianca sono molti di piu' i colpi esplosi da 35 metri in la' che quelli da 35 metri in qua', ecco un'altra grade difficolta' che rende questa caccia unica. Ricordo bene che ne parlammo con Paolo Bocchini, durante il viaggio di andata verso il suo battesimo vallivo, cosa che avvenne il 23 dicembre 2007.
Lui sosteneva accalorato, che la cosa era impossibile e che molto probabilmente mi confondevo nelle distanze, io ribattevo dicendo che tutto intorno alla tina ci sono le canne dei 50 metri e che troppe volte gli uccelli erano caduti ben oltre, ma dopo poco, anche in questo caso, mi chetai lasciando ai posteri l'ardua sentenza.

L'indomani io cacciavo con Fabio sui Dossi di Caldirolo e lui con Gigi sul Dosso di Mezzo, noi facemmo una grande giornata che contribui' al mio ricevimento del premio a fine stagione 2007-2008 conferitomi per " Migliore media di abbattimenti dell'anno dall'estinzione dei magassi" anche Paolo con il maestro Bocchi fecero una buona giornata.
Quando montammo in macchina per intraprendere il viaggio di ritorno la prima cosa che mi disse fu "A Miche', sul tiro c'avevi proprio ragione!">>, e si cacciava sui dossi, ti immagini se si era al largo!. Da quella volta, tutti gli anni, quando vado anch'io, almeno per una volta se non di piu', non manca l'appuntamento con la valle.
E' doveroso, da parte mia, a questo punto, scrivere due parole su Paolo. Ecco questa e' una di quelle persone di cui parlavo all'inizio riguardo la fortuna. Quando ci incontrammo per la prima volta al meeting di Anatidi a Castiglion della Pescaia nel marzo 2006 mai avrei pensato di girare mezza Europa con lui a caccia. Cacciatore completo, grande colpitore ed avvistatore, ma quello cha a me interessa di piu', grande persona ed amico sincero, con lui calza a pennello il detto "Chi trova un amico trova un tesoro".
Non vedo l'ora di essere a questo fine settimana quando insieme, il 18 dicembre 2016, condivideremo la tratta numero 71. Evviva l'amicizia, altro motore dell'intera esistenza umana.

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Alcune immagini dell'ambiente di Boscoforte


A proposito di tiro, spendo obbligatoriamente due parole su fucili e munizioni. Sulle armi oggi ci sono buonissimi fucili rapporto qualita' prezzo, chiaramente in tina si usa l'automatico con canna magnum, che ci dia la possibilita' di sparare l'acciaio. Qui si parla di esperienze personali e anche in questo caso verrebbe fuori un manoscritto, la scelta dell'arma dunque e' del cacciatore, basta, secondo me, che il calcio sia il tuo. Sappi che quasi la totalita' dei colpi viene esplosa a volo senza nessuna impostazione, devi essere veloce nell'imbracciare e brandeggiare, di conseguenza il fucile ti deve tornare in questo caso, non quando ti ci puoi accomodare comodamente modello fossa olimpica.
Un consiglio, l'acqua della laguna ha una salinita' esagerata, corrode tutto ad una velocita' impressionante, io che caccio dall'adolescenza con un'armi prodotte da un tale di Torrette, cittadina vicino ad Ancona, fucili di pregio a parer mio, nati per la caccia da appostamento, ma pieni di molle ed incastri, appena rientro a casa la prima cosa che faccio, lo smonto in bricioli e lo lavo con solventi appositi. Non fare l'errore di lasciarlo li' magari in custodia perche' quando lo riprendi e tutto arrugginito, anche in questo caso fidati, puliscilo immediatamente per evitare inoltre spiacevoli inceppature.

Anche sulle munizioni ognuno di noi ha le sue idee, la mia e' la seguente chiaramente il rapporto e' l'equivalente tra acciaio e piombo: non sparo mai grammature importanti, vado dai 34/36 grammi dei primi della stagione, fino ai 38/40 da dicembre in poi. All'apertura le anatre sono poco impennate, piu' vulnerabili per cui basta il 5, appena inizia a calare la temperatura sparo il 3, e anche se Fabio si arrabbia lo metto in prima canna, chi dice che all'alba le prime a comparire siano le alzavole? e se venisse un branco di magassi?, la' nel mezzo puo' succedere di tutto. Consiglio, tirane fuori dal contenitore un po' alla volta, se purtroppo non le spari, quelle esposte all'aria quando vai a rimetterle dentro hanno gia' il fondello macchiato di ruggine, credimi.
Una cosa che ho notato in modo particolare, in valle vanno molto bene munizioni caricate con polvere jk6 con temperatura mite ed jk3 in inverno pieno.

Dopo armi e tiro tocca all'avvistamento, altra questione spinosa della caccia al largo ma essenziale per chi la pratica, tanto che Luigi da i voti ai cacciatori per la vista come a scuola. Al largo e' come cacciare in un mare, gli uccelli possono venirti da tutti i punti cardinali, specialmente se e' bonaccia, quindi devi per forza aiutare il tuo socio comacchiese nella segnalazione. In un altro caso ti vien buona una vista eccellente, nel recupero dei feriti, ma di questo ne parleremo nel paragrafo "buona spalla". Sia Fabio che Gigi sono due grandi fischiatori, percio' dai tuoi 180° di vista non deve sbucare anatra che prima non sia stata segnalata, da potergli permettere di richiamarla per tempo, prima che si sfili nella valle aperta. Michelino mio compagno di caccia saltuario al lago di Massaciuccoli dice che sono l'unico cacciatore che conosce una razza di anatra da un'altra in volo, questo complimento non nascondo mi fa molto piacere, ma vedesse i due bandoleros lagunari rimarrebbe sicuramente a bocca aperta. Loro riescono a riconoscere gli anatidi a distanze assiderali, magari io sono bravo nei cento, duecento metri dal capanno, Fabio scommetto ad un kilometro riconosce una canapiglia da un fischione, me ne ha dato mille volte la prova e questa piu' che pratica, per me e' una sua dote naturale.

Come prima ho detto, nella tina si sta' seduti sul tappo di un bidone oppure di un secchio da vernice, tale tappo al momento che chiuso fa divenire il capiente contenitore completamente stagno, salvando tutto cio' che c'e' dentro da umidita' se non da acqua vera e propria che sia pioggia o lagunare. Ma che metterci dentro? questa e' la prima domanda che mi fanno tutti i miei amici che li porto con me per la prima volta. Anche in questo caso mi viene in aiuto l'esperienza di anni e cio' e quello che ne deriva. Nel bidone io ci infilo: il mangiare, anche questo e' a tua discrezione, sappi che guai ad addormentarti dopo mangiato, percio' cibi leggeri e calorici, poi quanto ai fame lo sai te, il soprappeso Benzina iniziava a mangiare all'alba e finiva quando smontavi. Le cartucce e ne abbiamo gia' parlato, il binocolo attrezzo fondamentale a volte piu' del fucile.
Un parere, compralo di marca, spendi ma te lo ritrovi puo' servirti inoltre anche quando vai in vacanza oppure in molte altre occasioni, buono non sbagli mai. Occhiali da sole, chiaramente sapendo che non piove, un coltello per mille motivi, cuffie per proteggere gli orecchi speriamo dalle fucilate. Nastro adesivo un rotolino, un blister di pile stilo per il gps, macchina fotografica per qualche scatto da rivedere quando vecchio e rincoglionito cerchero' di capire da dove sono passato per arrivare fin li', una Croce per raccomandartici in caso di tempesta. E questo e' quanto.

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La baratura nascosta tra gli stampi


La seconda domanda che mi viene fatta e' la seguente: "ma quando sono in tina, tu che lo sai, io cosa dovrei fare?". E' li caro amico che cade l'asino, che fare? cerchiamo di risolvere anche questo dubbio amletico, chiaramente anche qui esprimo il mio personale parere. Arrivati sulla baratura si scoperchia il cassone insieme, si piazza il coperchio in acqua, si affonda il secchio, si sistema la roba nel cassone passandola l'uno all'altro. All'alba scura al momento che si inizia a cacciare bisogna partecipare attivamente ed al massimo della tensione alla cacciata. Si tira di binocolo uno alla volta segnalando immediatamente l'arrivo e la buttata delle anatre selvatiche, non ti immagini se Fabio si girasse e vedesse qualche uccello buttato dalla mia parte mentre io guardo chissa' dove, meglio sprofondare nella laguna. Appena sparato controllare immediatamente i malcapitati anatidi, chi e' ferito ribatterlo celermente, ricordati di tenere alcune cartucce in tasca, in caso tu finissi quelle del serbatoio non perdi tempo a cercarle. Per chi ferito ma fuori tiro, prendere immediatamente il binocolo e mentre il tuo socio scola la barca e parte, tu dalla baratura gli segnali le direzioni per il recupero dei feriti meno gravi piu' difficili da recuperare. Sappi che in caso di laguna mossa il risultato dipende da chi tira di binocolo, che sei tu, percio' occhio altrimenti chi e' la fuori dura fatica invano.

In caso di morti o di feriti gravi, si salta immediatamente sulla batratura e si aiuta a scolare il natante ed al momento che Fabio monta su, gli passo forcole, remi, fucile e cartucce, se il recupero e' piu' distante, oppure il paradello in caso di venti leggeri e recuperi vicini. Mentre il mio socio e' in acqua io con la scopa spazzo la schiuma accumulatasi sulla baratura dalle onde cosa che potrebbe dar fastidio all'avvicinamento alla tesa, rientro nel cassone e quando Fabio arriva gli porgo la spalla come appoggio per scendere dentro, dopo di che gli passo un panno caldo per asciugarsi le mani, panno che tengo in catana pronto all'evenienza. Quando si smonta l'aiuto con cura a caricare la barca ben scolata per il rientro, passandogli motore elettrico, batterie e quant'altro scaricato all'andata, si ricopre il cassone e via verso casa. Detto cosi' sembra facile, ma vi garantisco che e' tutto fuor che facile.

Dopo tutto quello che ho scritto sulla caccia in tina uno puo' pensare che sia cosa solo per supereroi modello collana Marvel, non e' certo cosi', ma provare per credere e' un proverbio che a me e' sempre piaciuto e mi vien da ridacchiare mentre sto scrivendo. Altra cosa che ci tengo a precisare, non commettere mai l'errore imperdonabile di scambiare la valle per un pollaio. Ogni abbattimento al largo ti fa sputare il sangue, ci sono mattinate che vedi molti uccelli e non spari quasi mai e giornate che ne vedi pochi e spari praticamente a tutti, poi ricordati sempre che per fare carniere vanno colti, li', non c'e' altra soluzione.
Dio salvi il capovalle. Luigi Bocchi non ha bisogno di nessun biglietto da visita, chi non lo conosce tra i cacciatori di acquatici nel mondo? barcaiolo instancabile, anche se non piu' giovanissimo riesce ancora a fare dei tripletti sui pazzetti, conoscitore unico, in laguna vanta una trentina di record tra abbattimenti e giornate al largo e chi piu' ne ha piu' ne metta. Signori giu' il cappello davanti a questo fenomeno vivente, flagello di anatre.
Dopo Alberto Lebreton che invio' al Conte Arrigoni un biglietto con tutti gli abbattimenti in valle Doga' in contrapposizione alla lapide in suo onore fissata sul casone in valle Zappa dove il Conte cacciava, anch'io gli invio la mia personale cartolina ovunque il nobile si trovi adesso.

IL SOTTOSCRITTO MICHELE RAGIONIER BOSCHETTI, NELLE PRIME 70 TRATTE NELLE TRE VALLI COMACCHIESI, VACCA, CAMPO, FOSSA DI PORTO GA' COPPA' TRA FOLAGHE ED UCCELLI, 886 TESTE. MEDIA DEL 12,96 DI ABBATTIMENTI PER TRATTA, NON HA MAI FATTO BOARO, NON HA MAI FATTO 1, HA FATTO 2 SOLAMENTE VOLTE 2.
OMENI DE VALLE: FABIO BELTRAMI, LUIGI BOCCHI, GABRIELE VENTURI, WALTER RAGAZZINI.

30 ottobre 2016.
Dopo l'ennesima alba meravigliosa ad un tratto Fabio mi dice "Michele smetti di ballettare con le gambe che fai tremare il cassone", io lo guardo " cosa dici! Sono fermo come un pietrone in una cava" e lui "allora cosa e' stato che ha mosso la tina?"
Colgo l'opportunita' che mi da' la visibilita' di questo articolo per dire GRAZIE alle donne ed a gli uomini di buona volonta' che hanno aiutato, aiutano ed aiuteranno quella parte della nostra popolazione che con grandissima dignita' sta affrontando la catastrofe del terremoto.

Dedico questo trattato ad Alessandro Sebastiani e Vincenzo Perugini, uno un amico, l'altro un orgoglio nazionale.
Michele Boschetti




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