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Il barchino nella caccia in palude
La legge sulla caccia, la 157 del '92, di fatto ha vietato l'uso dei barchini per la caccia agli uccelli acquatici.
Attualmente le barche servono solo per spostarsi all'interno delle valli o paludi, per caricare l'attrezzatura e non piu' come vero e proprio mezzo per esercitare l'attivita' venatoria.

L'articolo 21 comma i) relativo ai divieti recita: "divieto di cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili", anche se poi i regolamenti europei a cui i legislatori italiani avrebbero dovuto adeguarsi non lo vieta affatto!
Comunque alcune regioni hanno normato l'uso dei barchini nella caccia agli uccelli acquatici, come la Toscana che ne ha regolamentato l'uso permettendo al cacciatore di sparare dalla barca purche' saldamente ancorata alla sponda o fondale.
In altre zone invece e' permesso utilizzare il barchino per il recupero e per ribattere gli uccelli feriti.
Insomma ogni tanto il buon senso prende il sopravvento!

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Il barchino Fucecchiese spinto con il "Forcino"


In Italia si sono perse antiche tecniche di caccia, che ormai fanno parte della storia e delle tradizioni venatorie, che avevano il barchino come strumento principale per l'avvicinamento ai selvatici.
Lungo il corso del fiume Po e, soprattutto, nei grandi laghi del Nord Italia il Pescino, tradizionale barchino per la caccia alle anatre, veniva utilizzato per avvicinarsi ai grandi branchi di anatre e folaghe che stazionavano sugli specchi d'acqua e con l'utilizzo delle spingarde e successivamente dei fuciloni, gli Sciupetun, ovvero grandi sovrapposti magnum che iniziarono ad essere utilizzati dopo il divieto dell'uso della spingarda, si riuscivano a incarnierarne anche decine e decine di capi.

Era un arte l'avvicinamento agli uccelli.
La difficolta' era riuscire a palettare correttamente verso i selvatici. Il termine deriva proprio dall'utilizzo delle Palette una sorta di piccoli remi che permettevano ai cacciatori, rimanendo sdraiati in barca, di avvicinarsi lentamente al gioco.
Le barche erano talmente basse che, come mi disse un giorno l'amico Stefano che cacciava fin da bambino sul Lago di Varese insieme al padre: "Sembravano silenziosi Coccodrilli a pelo d'acqua, di cui si vedevano solo gli occhi. In questo caso gli occhi erano quelli dei cacciatori!".
Purtroppo oggi solo i racconti dei vecchi cacciatori dei grandi laghi ci rendono viva questa bella tradizione venatoria!

Nella foto seguente Giulio Gaspari e Francesco Marsoni su di un "batelin" il classico barchino a fondo piatto e molto basso usato nelle valli veneziane e nel passato utilizzato anche per la caccia con lo stiopeton:, la spingarda!

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Nella laguna veneta i cacciatori utilizzano le barche quasi esclusivamente come mezzo di trasporto, hanno potenti motori a scoppio, ma necessari per poter avere quella sicurezza che impone la caccia in Laguna.
Si usano barche grandi, spaziose, anche perche' spesso ci si dorme dentro.
Per prendere i posti buoni si parte il giorno prima e dopo essere arrivati al capanno e fatto il gioco, si chiude la barca con la tenda e via a dormire nel sacco a pelo.
La barca poi e' nascosta all'interno della Coveggia (il capanno utilizzato nella laguna veneta) o comunque alle spalle del capanno dove viene realizzato un ricovero mimetizzato con canne o erba palustre per celarlo alla vista dei selvatici esattamente come avviene anche nel Lago di Massaciuccoli, dove vengono usate barche piu' piccole e senza motore a scoppio, dove alle spalle del capanno dei cacciatori e' sempre predisposta la postazione della barca perfettamente occultata con la vegetazione circostante.

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la Coveia nella Laguna di Grado


Anche l'utilizzo del paradello (detta anche stanghino o forcino, a seconda delle regioni) fa parte delle tradizioni dei cacciatori di diverse zone umide italiane, forse anche delle piu' famose, come: le Valli di Comacchio, il Padule di Fucecchio o i chiari del Lago di Massaciuccoli.
Da una bella sensazione muoversi in modo cosi' silenzioso in palude.
Si riescono a sentire i vari canti degli uccelli nascosti nella vegetazione o il rumore delle canne mosse dal vento. Ti coinvolge emotivamente ti fa sentire parte integrante di quell'ambiente.
Il profumo della valle poi fa il resto: ti sembra di essere in un mondo ovattato, quel mondo che ogni cacciatore di acquatici vive come una seconda casa. Anzi, in alcuni casi e' considerata proprio la prima!!!
Quante volte, se non tutti i giorni, ho pensato di ritornare in palude ad ogni alba per rivivere queste emozioni.

E' un modo di muoversi nella natura molto coinvolgente che moltiplica le possibilita' di incontri inattesi a tu per tu con l'avifauna. e' in questo silenzio irreale, interrotto a volte dal fischio di una pettegola, dal lamento di un chiurlo, dalle grida di un gabbiano o dai baci di un beccaccino, che si puo' godere appieno dei colori, degli odori, dello spettacolo, della poesia e della magia della valle!" Queste belle parole descrivono perfettamente le sensazioni che si provano muovendosi in valle con il barchino, sensazioni che ogni cacciatore di uccelli acquatici dovrebbe provare.

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Il Saltafossi Veneziano


Proprio a Comacchio l'uso della barca ricopre un ruolo fondamentale.
Con la barca si arriva nel capanno, la Tina, si porta tutto l'occorrente e con la barca si recuperano gli uccelli abbattuti: ma l'azione di recupero risulta molto elaborata.
Infatti le tine si trovano proprio in mezzo la valle, quindi immerse completamente nell'acqua e rialzate solo qualche decina ci centimetri grazie alla baratura che le mimetizza facendole sembrare delle piccole isole circondate da centinaia di stampi.
Il barchino deve essere nascosto affondandolo sotto l'acqua con una tecnica molto particolare, e vi assicuro molto faticosa!
Al giorno d'oggi anche i cacciatori di Comacchio utilizzano i motori elettrici per arrivare senza troppi sforzi alle Tine, ma e' ancora viva la tradizione della gara con i barchini il giorno prima dell'apertura, o la partenza e la traversata della valle in velocita' per prendersi le migliori postazioni libere sui Dossi.
Sono pochi quelli che utilizzano ancora solo i remi, e ancora meno chi utilizza la vela. Si perche' per agevolarsi e velocizzare l'arrivo nel capanno in presenza di vento forte, si montava una piccola vela che facilitava la traversata.

Le diverse tipologie di barche comacchiesi sono descritte in maniera dettagliata dall'amico Gigi Bocchi nel suo libro "Le valli di Comacchio - una caccia d'altri tempi" :


Le imbarcazioni da caccia comacchiesi

El vulicepi (il velocipio):
e' il nostro missile lagunare, capace di percorrere un chilometro in soli quattro minuti.
La tecnica di voga, una delle piu' antiche e impegnative, e' quella alla vallesana in cui due rematori, stando in piedi sul battello, lo sospingono in avanti facendo forza sui remi incrociati. Non viene usato solo dai cacciatori per raggiungere le postazioni migliori, ma anche (soprattutto in passato) dai fiocinini, pescatori di frodo, e dai guardiani vallivi. In estate poi acquisisce il valore di simbolo della nostra cittadina nelle regate sportive che si svolgono sul Canale Navigabile che collega la citta' di Ferrara al mare. Il velocipio e' il risultato di un'esasperata evoluzione della barca ottenuta modificandone dimensione e struttura allo scopo di renderla piu' veloce possibile. Per la valle, fino a pochi anni or sono, si poteva adoperare tutti i giorni di caccia, oggi solo la vigilia dell'apertura. Le sue misure sono: 8 m di lunghezza per 46-48 cm di larghezza. Il velocipio puo' anche ospitare tre persone. In questo caso e' rapidissimo nel Canale Navigabile, ma diventa meno veloce quando solca i bassi fondali delle nostre valli.
Il fondo e' piatto e non presenta alcun tipo di chiglia. Per questo motivo, se non si e' saliti su un battello come questo fin da giovani, avendo quindi acquisito un ottimo grado di equilibrio, alla prima remata, ve lo assicuro, ci si ribaltera' suscitando le risate degli spettatori.

El vulicipien (il velocipino):
e' anche questa un'imbarcazione da gara molto veloce usata per raggiungere i dossi, ma, a differenza del velocipio, puo' essere adoperata tutto l'anno. Date le minori dimensioni (5,50 m per 46 cm) puo' ospitare un solo rematore. Anch'esso ha il fondo piatto adatto a navigare meglio su un fondale basso e incostante.

Le betenine (la batanina):
quando i primi soffi di tramontana raffreddano le acque della valle e la loro altezza aumenta per la pesca dell'anguilla, e' tempo di abbandonare il velocipino e lasciare il posto, per le regate, alla batanina. Questa barca, come si puo' intuire dalle dimensioni stesse (6 m per 60 cm), e' piu' sicura. Mi sembra necessaria a questo punto una breve digressione sulla pesca a Comacchio. Secondo una teoria consolidata il luogo di riproduzione delle anguille e' il Mar dei Sargassi. Qui, dopo aver deposto le uova, esse muoiono, mentre le loro larve intraprendono la via del ritorno al luogo d'origine. Questo incredibile viaggio puo' durare la bellezza di tre anni. Le anguille rimangono nelle nostre valli fino al tredicesimo anno d'eta', cioe' fino a quando diventano mature sessualmente. e' giunto il momento della pesca. La prima burrasca d'autunno porta il respiro del mare all'interno delle valli. Le anguille argentate sentono insopprimibile il desiderio di partire, abbandonano le loro tane, si affollano nei canali d'uscita, s'imbattono nei lavorieri. Queste macchine da pesca infernali sono strutture a forma di V che si restringono metro dopo metro. Una volta entrate, le anguille e l'altro pesce di valle, branzini, cefali, passere ecc. sono in trappola! Torquato Tasso (XVI secolo) nella "Gerusalemme Liberata" descrisse cosi' la pesca a Comacchio:

Come il pesce cola' dove impaluda
ne i seni di Comacchio il nostro mare,
fugge da l'onda impetuosa e cruda
cercando in placide acque ove ripare,
e vien che da se stesso ei si rinchiuda
in palustre prigion ne' puo' tornare,
che quel serraglio e' con mirabil uso
sempre a l'entrare aperto a l'uscir chiuso.


El memeluch (il mamalucco):
e' la classica imbarcazione da caccia che ci permette di raggiungere qualsiasi sito della valle, che puo' essere nascosta sott'acqua e poi agevolmente riportata a galla. Le sue misure sono 5-5,50 m di lunghezza per 70-80 cm di larghezza. Le sponde sono alte dai 40 ai 50 cm. Un tempo, quando l'ambiente era piu' sicuro, le sue dimensioni erano piu' ridotte.

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E' difficile muovere un barchino con la stanga. Generalmente un ramo, una canna di bambu' o un palo lungo tra i tre e i quattro metri, con almeno due punte nel finale.
Ma i tanti cacciatori di padule, detto alla toscana, lo usano proprio per la facilita' nel comandare il barchino: chiaramente una volta che ci si e' impratichiti. Nelle fasi di recupero dei vivi o per la predisposizione degli stampi e' molto piu' agevole usare lo stanghino che non accendere e spegnere ogni volta il motore, dare la direzione alla barca, regolare la potenza, ecc. ecc.
Ricordo la prima volta che provai ad usarlo. La barca continuava a girarsi su se stessa, praticamente arrivai al capanno con la poppa, visto che non riuscivo a farla camminare di prua.
Adesso qualcosa sono riuscito ad imparare grazie agli insegnamenti dei piu' esperti, come i cacciatori di fucecchio veri "maestri" di questa arte: e che sono stati molto pazienti con me per insegnarmi qualcosa.
I piu' bravi riescono tranquillamente a muoversi quasi alla stessa velocita' di una barca con il motore elettrico.
Il bello del muoversi nel Padule di Fucecchio con il barchino, ma in genere in ogni valle o palude, spinti solo dal forcino non ha eguali, e' veramente affasciante anche perche' sei concentrato solo sui "lamenti" del Padule e sui mille profumi che si riescono a percepire.

La barca nella caccia di acquatici fa parte della nostra tradizione venatoria, e come tutte le tradizioni va mantenuta ed il piu' possibile diffusa e fatta conoscere.
Gia' il mondo della caccia ha perso tanto in termini di tradizioni e cultura, in particolare quelle legate alla caccia agli uccelli acquatici, sarebbe il caso che i nostri rappresentanti cercassero il piu' possibile di preservare quello che abbiamo e che ci rimane.
Per quello che si e' perso ormai la vedo difficile!

In bocca al lupo a tutti voi
Paolo Bocchini


Riferimenti:
Associazione "Volpoca", Patrizio Zipoli, Anchione (PT)
Gianluigi Bocchi, Le Valli di Comacchio - una caccia d'altri tempi (2010)
Diana Caccia, n. 22 del 1/12/2014, "I barchini da caccia" di Paolo Bocchini




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