I racconti dei cacciatori di acquatici
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A tu per tu con le marzaiole di Andrea del Ry
Con le anatre avevo avuto un incontro occasionale in Abruzzo, poi conobbi il marito di una studentessa di mia moglie (le due donne discutevano su chi avesse il marito più “pazzo“ per la caccia), il quale ancora oggi è il mio compagno di caccia alle anatre.

Era il 1° marzo del 1985: Luciano mi chiede se vogliamo andare e, tempo di dirlo, partiamo.
Io, poco attrezzato per questa caccia, mi porto dietro una doppietta con cani esterni del 12, Beretta con canne Krupp lasciatami da un fratello di mio nonno (ho ancora la fattura della Beretta datata 1933): fino ad allora andavo a fagiani e alla minuta col cal. 20 (avevo sempre cacciato col 20).

Come usiamo fare ancora adesso, abbiamo fatto la tesa molto presto e il tempo di “attesa“ dell’alba è molto lungo; ricordo che vari pensieri si rincorrevano nella mia testa, tutti incentrati sul se avremmo visto gli uccelli, su quanti, su come: il passo è iniziato? Vedremo gli uccelli? Crederanno alla tesa? E così, di fantasticheria in fantasticheria, si avvicina il momento della verità.

E’ sempre alba scura e ad un tratto sentiamo un “trrrr trrr trrr“, molto vicino. Luciano mi sussurra, dopo pochi attimi, che ci sono cinque marzaiole negli stampi e se le vedessi. Neofita di questa caccia e inesperto, rispondo sottovoce che non le vedevo e che tirasse pure lui.
Due colpi e 3 marzaiole sono a pancia all’aria tra gli stampi.

Le sensazioni che ho provato in quel momento sono state contrastanti: da una parte ero felice perché avevo partecipato alla caccia, alle prime marzaiole della mia “carriera“ e da una parte ero contrariato perché non ero riuscito a vedere, nello scuro, quei fantomatici uccelli.
Luciano mi sussurra di non preoccuparmi, tanto tra un po’ le rimanenti sarebbero ritornate. E così è stato.
Un susseguirsi di voli, di “calate“ negli stampi, schioppettate con la doppietta con cani esterni, insomma un vero “battesimo del fuoco“ con le marzaiole.

A metà mattinata vediamo un grosso branco di uccelli che non riusciamo ad identificare (eravamo un po’ rincoglioniti, almeno io); li chiamiamo utilizzando tutti i fischi e facendo tutti i canti. Questo branco di circa 40 anatre ci gira due, tre volte sulla tesa, a tiro e noi fermi: li vogliamo far calare, ormai ci sentiamo di essere troppo bravi!
Al quarto giro non si mettono ancora: ci diciamo che se ripassano spariamo.
In effetti riprendono vento, puntano la tesa, sono sopra le stampe.
Una visione: una quarantina di uccelli fitti fitti a 25 metri, ci diamo su e spariamo le 5 schioppettate: non casca nulla.
Ci guardiamo attoniti e increduli, rimettiamo gli occhi sul branco ormai lontano e vediamo che un uccello cade.
Lo andiamo a recuperare e con incredulità raccogliamo una femmina di moriglione, uno degli animali più facili da riconoscere (adesso) e non ne avevamo riconosciuto un branco!
Al termine della mattinata contiamo molte marzaiole e quella femmina di moriglione, bellissime nella loro veste primaverile.

L’anno successivo comprai l’automatico del calibro 12.
Incontri ravvicinati con le marzaiole ne ho avuti ancora, anche se non di questa intensità, fino a quando fu deciso che mettevamo in pericolo l’esistenza della specie, cacciandole all’inizio della fase di risalita per la riproduzione.
Mi viene un gran rimpianto e mi emoziono sempre quando ricordo quell’alba del 1 marzo 1985 .


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