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Sull'evoluzione della specie Germano Reale di Salvatore Livani
Mi hanno raccontato che in tutta le lagune del nord-est,veneta e friulana, il termine "mazorin" identifica la "maggiore" delle anatre da caccia.
Nessuno poi vieta di accreditare che il termine derivi dal luogo che un tempo si pensava essere la provenienza del Germano Reale, i laghi "Masuri" della Polonia centrale, e quindi che abbia contrubuito ad appellarli nel Triveneto col nome di "Masurin".
Scherzosamente poi nel Lazio li chiamano "fagottoni", nell'alta Emilia "paperoni" ed in Toscana "germanacci", termine quasi spregevole che a loro non si addice affatto.
In Puglia ed in Calabria, quando arrivano i "capuvirdi" è già passata l'Immacolata (8 Dicembre) ed il freddo vero, anche per la latitudine estrema del meridione, inizia sul serio e la tramontana gela le mattinate.

Gli attuali Germani, quelli di tutte le stagioni, quelli che dall'1 Settembre al 31 Gennaio, non a torto rappresentano per i cacciatori di acquatici la garanzia di una caccia futura, di quelle cacce sulle quali l'incubo di chiusura per "rischio di estinzione della specie" non avrà ragion d'essere.

Ma facciamo un passo indietro catapultandoci all'inizio degli anni '70,quando i gestori delle più importanti riserve d'acqua e di alcune appostamenti fissi di svariate decine di ettari del nord come del centro Italia, per poter agevolmente vendere le quote a probabili acquirenti cacciatori, già dai primi di Marzo rimpinguavano i loro specchi d'acqua con migliaia di Germani domestici che seguendo il generoso corso della natura, si sarebbero copiosamente riprodotti in loco, garantendo nell'anno venatorio a venire, cacciate memorabili.

Sicuramente nel corso del tempo i nostri "domestici" avrebbero seminato e rincontrato i loro avi e cioè la stirpe dalla quale il proprio ceppo naturale era stato estratto per divenire comodamente "domestici".
Ed allora il dna del "selvatico" e del "domestico", hanno ripreso ad incrociarsi creando quella splendida "specie modificata" che io scherzosamente chiamo Germano Padano, e che spesso e volentieri salva le giornate di caccia altrimenti votate alla "boaria", termine che identifica la ladra della nostra giacca "boara", vuota e sconsolata dopo un'infruttuosa giornata di caccia.

Del "selvatico" ha conservato la velocità, spesso sottovalutata al momento del tiro mascherata dalla sua mole, gli splendidi colori, peraltro uguali a quelli dei "domestici" e la proverbiale diffidenza.
Anche all'apertura di settembre prima di scendere sulla tesa, il Germano Padano comincia a girare sospettoso ed il lungo collo perscruta in basso alla ricerca di ciò che sta in agguato, nascosto dal gioco e che spesso gli costa le penne.
E' suscettibile e basta un niente a dissuaderlo dall'intento. Anche le anatre da richiamo più efficienti a volte inutilmente insistono nella loro persuasiva chiamata; e quando stai già per afferrare il fucile, quella calata che sembrava preludere ad una tranquilla discesa a stampi, si trasforma in una energica rimonta dell'aria e tu li vedi sparire nel cielo, veloci.

Qualcosa non li ha più convinti, magari un impercettibile movimento degli occhi o della mano li ha disturbati, e tu rimani lì a pensare che cosa può essere stato.
Ho visto fior di cacciatori capitolare sotto il Germano.
Vallaroli incalliti, di quelli che cacciano acquatici cinque giorni su cinque per intenderci, chiedersi il perché dopo tre o quattro giri sulla propria copiosa stampata, gli uccelli vanno a curarne un'altra lontano appena 200 metri ed alla quale prima non avevano degnato l'occhio. E si fanno abbattere agevolmente dagli altri, lasciando in te un senso di frustrazione e di tradimento insieme dove quasi le paranoie iniziano a domandarti: "Ma cosa è stato? Ma che cos'è che li ha disgustati? Dove ho sbagliato?".

E' grande il Germano Padano, con un'apertura alare di quasi un metro e spesso inganna, apparendo sempre a tiro anche quando è oltre i 50metri. Sembra ed è resistente come nessuno del suo genere alle fucilate. Qui il dna del "domestico" ha dominato, lavorando molto bene.
La letteratura si spreca nel definirne il peso: mediamente i nostri Germani Padani si aggirano su 1,3kg (e c'è chi ne ha incarnierati anche di molto più grossi), con una struttura muscolare e ossea che, chi ha la fortuna di spennarli per onorarne le carni in pentola, non può fare a meno di notarne le robuste fattezze.

La femmina del Germano Padano è, comunque, un selvatico a tutti gli effetti dove l'istinto di conservazione del "selvatico" è immutato.
Anzi rafforzato.
Io che caccio prevalentemente Germani (circa l'80% del mio carniere annuale in 2 appostamenti fissi), ammiro volentieri da anni la grande selvaticità delle femmine. Una femmina ferita dissalata che cade, nella maggior parte dei casi al momento dell'impatto con l'acqua si immerge quasi come se fosse un Moriglione, e se non hai l'agilità di schizzare fuori dalla botte rapidamente ed intuirne la sciata per azzardarne la fortunosa ribattuta o se vicino ci sono canne o altra vegetazione, è un animale perso e per la mezz'ora a venire potrai cercare con successo solo se quel giorno sei dotato di una generosa dose di fortuna.

Sembrerà paradossale quello che mi sento di affermare, ma il Germano Reale, quello veramente selvatico e non “impavesato”, quello non urbanizzato e del peso di 800 gr. la femmina e 900 gr. il maschio, quello che se hai la fortuna di abbattere a dicembre in una piovosa giornata e ti rendi conto che è selvatico osservandone le zampe snelle e sottili come quelle del Mestolone, mi sembra più confidente all'approccio della tesa rispetto al cugino Padano.
Può darsi che mi sbagli, ma è questa la mia impressione.

Rispettiamoli ed amiamoli senza disprezzarli, saranno la caccia del nostro futuro, anzi lo sono già. Garanzia di divertimento e di soddisfazione, nella curata al gioco, nella fucilata e nella prelibatezza delle morbide e succose carni, degne della tavola dei ricchi come dei poveri.

Scusatemi se scherzosamente l'ho appellato come Padano, ma mi sembra un distintivo, legittimo e doveroso riconoscimento geografico a questa specie, dal momento che le mie esperienze su questo stupendo uccello si sono concretizzate tra l'Emilia ed il Veneto.

In bocca al lupo a tutti, nella caccia ma soprattutto nella vita.



Salvatore Livani 50 anni, membro dello zoccolo duro di Anatidi.it è nativo di Crotone ma vive a Bologna da 33 anni, dove caccia acquatici quando gli è consentito in 2 appostamenti fissi.
Nel 1992, per sostituire un amico, si reca a Pila nel Delta del Po a caccia di acquatici. E' una vera consacrazione: da allora la vera, magica caccia è, per lui, solo quella ai palmipedi.

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